BREVE STORIA DI MADDALONI


Chi siamo


La pagina con l'indicazione della ditta e con un pò di storia di Maddaloni

La città di Maddaloni (m 73 s. I. m.), con circa 40000 abitanti, è un importante centro agricolo e industriale della provincia di Caserta, con attività nel settore alimentare, del cemento e dell'elettronica ben collegata a livello regionale e nazionale da assi di collegamenti viari e ferroviari. Oltre la rilevanza industriale, è un'antica ed interessante cittadina, con ricco patrimonio artistico, situata ai piedi della collina. S. Michele, circondata da un fertile territorio che conserva abbondanti testimonianze di un ricco e interessante passato ed offre visioni ampie e sorprendenti del paesaggio della Campania interna. Il suo nome compare per la prima volta, nella forma "Mataluni ", nel 774, in un documento firmato da Arechi, principe Longobardo.

Nella pianura sottostante sorgeva l'antica città di Calatia circondata da una ricca e interessante necropoli. Calatia fu occupata una prima volta dal Console Caio Giunio Bubulco nel 309 a.C. e si diede ai romani nel 211, al tempo della seconda guerra punica, dopo aver parteggiato per Annibale. Dopo la distruzione di Calatia nell' 862 da parte dei Saraceni, gli abitanti si rifugiarono sul colle ove fondarono il borgo Mataluni.

Dal 1465 fu feudo, col titolo di ducato, dei Carafa, ai quali appartenne ininterrottamente per oltre tre secoli. Fu uno dei centri del baronaggio di Terra di lavoro, sempre ribelle alla monarchia. Il periodo più florido per Maddaloni fu il settecento, come attestano le numerose testimonianze architettoniche, civili ed ecclesiastiche. Una caratteristica attività artigianale di Maddaloni è la fabbricazione delle sedie, retaggio della gloriosa e varia attività artigianale del passato. Il nucleo più antico è addossato alla collina, in zona abitata da epoca remota; successivamente la città si sviluppò verso la pianura, tra i monumenti di pregio storico-artistico e siti di interesse paesaggistico all'interno della città e sparsi nel suo territorio, si ricordano: la chiesa dell'Annunziata, la cui forma è dovuta sostanzialmente alla ristrutturazione eseguita nei primi anni del sec .XVII; il Municipio che ha nella facciata l'antico sedile; la chiesa del Corpus Domini, con elegante campanile su disegno di Luigi Vanvitelli; la chiesetta di S. Agnello, attualmente sconsacrata e in cattivo stato, il cui campanile ha nella base grandi massi di età romana e avanzi di una portale a ogiva chiuso; la barocca chiesa di S. Francesco d'Assisi con alta cupola e pregevoli oggetti d'arte all'interno; il Convitto Nazionale, già convento dei Francescani, nel cui chiostro è ancora conservato un arancio piantato, secondo la tradizione, da S. Francesco; il Museo Civico che, in mancanza di altre specifiche strutture museali, accoglie al suo interno anche numerose testimonianze proveniente dall'antica Calatia - tra cui ceramiche, bronzi ed altri oggetti.
Di grande interesse, anche dal punto di vista paesaggistico, è il Castello posto a m 175 s .I m. Preceduto dalla torre inferiore cilindrica, dell'ultimo decennio del 13OO, il Castello, ricordato nel Medioevo col nome di Castrum Kalata Maddala, è a pianta irregolare e ha un torrione quadrato. Vi si abbraccia un ampio panorama che spazia, a 36° gradi, dal M. Somma, a Napoli, alle isole del golfo, alla pianura campana. All'estremità del colle il complesso termina con un'altra torre, più piccola di quella inferiore, forse di origine longobarda.. Altro luogo di interesse paesaggistico, da cui è possibile la visione del territorio interno dalle Mainarde alla Maiella, è la vetta della collina di S .Michele. Ancora nei dintorni di Maddaloni sono da segnalare il M. Calvi ( m. 535 s. l. m .) e il M. Longano ( m 580 s. l. m. ), ed infine , a pochi chilometri di distanza i ponti della valle, gigantesca costruzione in tre ordini sovrapposti di archi, tra le realizzazioni più note del regno di Carlo di Borbone. Vennero costruiti da Luigi Vanvitelli dal 1753 al 1759 per farvi passare l'Acquedotto Carolino che, con le acque provenienti sopra tutto dal M. Taburno, alimenta le cascate del parco della reggia di Caserta.

Numerose le presenze archeologiche, che in epoca antica circondava la città di Calatia e disseminate sull'intero territorio che testimoniano come la intensa frequentazione dell'area non fosse limitata all'ambito urbano ed alle necropoli circostanti, ma coinvolgesse territori più ampi: prove ne sono le consistenti tracce della centurazione, i resti di strutture abitative e di infrastrutture che continuano a nascere.




IL CASTELLO DI MADDALONI


Chi arriva a Maddaloni resta senz'altro incuriosito dalla torre che si trova sulla collina del Tifata ed è poi attratto dal castello d'origine romana immerso nel verde. Si sa che Maddaloni ha una storia molto antica legata al castello. Giacinto De Sivo recuperò una prova dell'esistenza del castello già fortificato all'epoca delle guerre puniche. In un suo libro cita, infatti, un passo delle " Historiae " di Tito Livio (Lib. XXV) in cui è scritto: " In valle oculta, post Tifatam, montem imminenten Capuae, consedit. Adveniens quem Castellum Galatiam praesidio vi pulso coepisset…".

Oggi è impossibile verificare simile affermazione, ma si può considerare che la storia di Maddaloni è legata a quella di Roma per i numerosi reperti ritrovati (crete, bronzi, statue togate, ecc.)

Ma il primo documento in cui si cita esplicitamente Mataluni provvista di un castello è datato 1099(Castrum Kalato Maddala).L'insediamento fortificato, che sorge in una posizione strategica, è costituito da tre nuclei: il castello fu costruito in posizione centrale, la torre di Artus alta 33 metri fu innalzata vicino al castello, mentre la torre superiore piccola, detta Castelluccio, alta 20 metri è posta su una collina più alta ed isolata. Tali costruzioni furono edificate cosi' in epoca longobarda per la protezione dei nuclei abitati. In epoca normanna, con l'unificazione di tutte le Regioni Meridionali, Mataluni ebbe il Regio presidio e venne fortificata. Con Ruggiero II il Normanno che nel 1134 fortifico' il Castello, divenne luogo di incontri e di soggiorno di importanti personaggi della monarchia. Il Castello di Mataluni, fu riparato in epoca sveva, durante il regno di Federico II e si arricchì in epoca angioina della torre cilindrica in tufo con base poligonale. Questa torre eretta fra il 1390 ed il 1402 da Carlo Artus d'Angiò, che in tale epoca tenne il feudo, rappresentava un rafforzamento del sistema difensivo. Acquistando il feudo, Carlo Artus, lo conservò con la forza dalle armi e ne accrebbe e migliorò le difese facendo edificare la torre cilindrica che ancora oggi ammiriamo e che è il simbolo di Maddaloni. Nell'autunno del 1460, il castello fu assalito, conquistato e dato al fuoco da Ferrante d'Aragona in guerra contro Giovanni d'Angiò ed i baroni ribelli.

Dopo l'incendio i nuclei abitati furono spostati e ricostruiti in pianura e tutta la zona pianeggiante sottostante il castello fu sistemata dai Carafa, quando, creata la contea da Ferrante d'Aragona, fu investito del feudo il capitano Diomede Carafa, la cui famiglia reggerà le sorti di Maddaloni per 350 anni. Nel 1799 con l'abolizione del feudo e le stranezze dell'ultimo duca Marzio DomenicoV, finì la dinastia dei Carafa. Il castello abbandonato e diroccato, con le colline sottostanti furono ereditati dal Principe di Colobrano che nel 1821, li vendette ad Agnello De Sivo, figlio di Giacinto, che trasformò il castello e le torri in una splendida dimora che fu sede nell'età borbonica di splendide feste e battute di caccia. Il 14 settembre 1860 Maddaloni fu occupata dai garibaldini. Con Garibaldi a Maddaloni finì l'epoca borbonica e il Reame durato 730 anni e cominciò un periodo di degrado. Al tempo della II guerra mondiale il castello fu definitivamente abbandonato e lasciato al saccheggio delle truppe alleate.

L'entrata del castello è posta a nord-est attraverso una torretta quadrata. L'edificio è a pianta irregolare ed ha subito nei secoli molte modifiche. All'interno vi sono collocate su due o tre piani molti locali abitativi e nel sotterraneo, usato come deposito, vi erano locali per cisterne e cunicoli adatti alla fuga in caso di pericolo. Sul lato opposto, c'è un grande locale collocato vicino all'ingresso corrispondente al Mastio.

Da un ingresso laterale si accede in una sala molto grande, di trattenimento, da pranzo, coperta da una volta a padiglione; questa, rispetto ad altre sale, si presenta più elevata di circa 60 cm, ha le pareti affrescate con motivi geometrici ed un camino laterale. Accanto vi sono altri ambienti anch'essi affrescati, forse adibiti a camere da letto. All'esterno vi è una cinta muraria che aveva il compito di difendere il castello. La cinta circondava anche un giardino ricco di piante esotiche.
La torre cilindrica grande è posta a sud del castello. Essa si presenta con un fossato circostante, in parte colmato da una muraglia con lunette di guardia e da una torretta quadrata che copre la porta d'ingresso. Alla torretta è addossata, all'interno del fossato, una scala in muratura che conduce al terrazzo da dove, attraverso un ponte levatoio, si raggiungeva l'apertura d'accesso al primo livello della torre. Essa è alta circa 33 m e la sua base ha la forma di un poligono regolare. Nel lato sud della torre era conservato fin dal 1975 lo stemma degli Artus. La torre superiore piccola, detta "Castelluccio", nell'antichità aveva una forte funzionalità difensiva. Essa era circondata da una doppia cinta muraria e aveva un'ampia veduta da tutti i lati. La costruzione consiste in una torre cilindrica, alta circa 20 m, sviluppata in due piani. Il terrazzo di circa 4 mq non doveva consentire le manovre a più di due difensori e quindi la torre era adatta più ad una difesa passiva o ad un posto di vedetta che ad una difesa piombante. Attualmente la parte superiore della torre non è integra e numerosi crolli avvenuti nel corso degli anni ne rendono impossibile la visita.


I PONTI DELLA VALLE


Il capolavoro vanvitelliano fu commissionato dal re Carlo III di Borbone, da cui il nome  "carolino", al fine di alimentare gli spettacolari giochi d’acqua previsti nei giardini della Reggia di Caserta. Rappresenta una delle più ardite opere di architettura idraulica di tutti i tempi.
Partendo dalle sorgenti alle falde del Taburno, ad una quota di metri 254 slm, l’acquedotto arriva, dopo un percorso di 38km, con una pendenza di 0.5 mm per metro, alla quota di m 203.50 slm alla cascata del Palazzo Reale, con una portata d’acqua che raggiungeva i 700 litri al secondo.
L’inizio dei lavori di costruzione delle "arcate", così come il Vanvitelli amava chiamarle, ebbero inizio nel marzo del 1753, due mesi dopo seguì la posa in opera della prima pietra alle sorgenti del Fizzo (21 maggio); terminarono nel novembre del 1759 e l’acquedotto intero inaugurato il 7 maggio del 1762.
Costo dell’intera opera : 600.000 ducati.
Con i suoi 529 metri di lunghezza, 55.80 metri di altezza massima, tre ordini di arcate di 19, 28 e 43 per un totale di 90 arcate, il grandioso ponte unisce i monti Longano (est) e Garzano (ovest).
A ridosso dell’ordine superiore di arcate, ove scorre l’acqua, fu realizzata una piccola strada ricoperta da basolato bianco. Mediante piccoli passaggi ricavati tra i vari archi è possibile attraversare agevolmente, in tutta la lunghezza dell’opera, gli ordini di arcate mediano e superiore
I Ponti della Valle furono teatro , il I ottobre 1860, di una cruenta battaglia tra camicie rosse ed esercito borbonico, battaglia che, dopo alterne vicende, vide la definitiva sconfitta dei borbonici. L'ossario , fortemente voluto dalla cittadinanza maddalonese, fu inaugurato il I ottobre 1899 per custodire le spoglie dei soldati garibaldini morti sul campo.

IL MUSEO ARCHEOLOGICO DELL'ANTICA CALATIA


Nel Museo sono presentati, suddivisi in cinque sale, i reperti archeologici provenienti dagli scavi condotti nell’area dell’antica Calatia e dal suo territorio ed i corredi provenienti dalle necropoli calatine ubicate a Sud-Ovest e Nord-Est dell’abitato, che si distinguono per la loro completezza e conservazione, documentando un lungo arco cronologico che va dall’VIII secolo a.C. al III secolo d.C. L'esposizione è resa attraente e stimolante dalla ricostruzione in scala reale dei contesti tombali, realizzata il più possibile con materiali antichi, ed è accompagnata da pannelli didattici e da una postazione informatica, grazie alla quale si può facilmente accedere alle informazioni e alle notizie storiche sul sito. Oltrepassando l’arco di ingresso, con la bella volta ornata dallo stemma della famiglia Carafa (1710), si accede a sinistra alla prima sala, che ospita alcuni oggetti recuperati dal territorio, come l’Apollo da Santa Maria a Vico e la stele funeraria da Via Nino Bixio. La seconda sala è dedicata all’area urbana di Calatia, con l’esposizione di reperti pertinenti ad edifici, come la porticus di età tardo-repubblicana, frammenti che rappresentano varie classi ceramiche dal periodo orientalizzante a quello tardo imperiale, e quelli provenienti da scarichi domestici, oltre ad oggetti di ornamento personale, coroplastica e monete. La terza sala è caratterizzata dalla ricostruzione delle sepolture, rappresentate nelle loro diverse tipologie differenziate nel lungo arco cronologico, ovvero tombe a fossa con copertura di ciottoli, a fossa semplice, a cassa di tufo, a fossa coperta da tegole e ad enchitrysmòs (entro anfora), realizzate con reperti originali loro pertinenti. La quarta e la quinta sala illustrano attraverso i materiali recuperati negli scavi il quadro storico-artistico delle necropoli, iniziando con le più recenti sepolture del periodo romano fino ai reperti delle tombe di età orientalizzante. Notevole il corredo della tomba 285, ad incinerazione, databile tra la fine VII e gli inizi del VI secolo a.C., ricostruita come al momento del rinvenimento ricomposta nella vetrina di fondo dell’ultima sala. Il Museo è anche dotato di un impianto video per filmati con diffusione audio e di una sala per convegni in grado di ospitare mostre, nonché convegni e proiezioni. Nella corte interna vengono anche organizzati spettacoli musicali e teatrali. Su richiesta di istituti scolastici vengono tenute visite guidate od elaborati specifici progetti.

PROGRAMMI PROFESSIONALI PER INGEGNERI, ARCHITETTI, GEOMETRI
La ditta AnarSoft è attiva dal 1997 specializzata in programmi semplici ed economici, ma potenti come programmi professionali.
I programmi commerciati sono nati da esigenze di studio professionale dove si ha bisogno di ottenere il meglio col minimo sforzo e quanto più velocemente possibile. Per questo la semplicità d'uso dei programmi diventa essenziale. Ma nei programmi Anarsoft oltre alla semplicità si aggiunge anche la guida all'uso vero e proprio del software. Infatti nell'utilizzo il tecnico non viene lasciato mai solo. Ogni volta che il cursore va in un campo dove occorre inserire qualche valore, appariranno a video le informazioni ed i suggerimenti necessari, tanto che il manuale d'uso diventa quasi superficiale.
I disegni e le relazioni composte in automatico dai programmi sono molto dettagliati e, nella maggioranza dei casi, già pronti per la stampa e per la presentazione ai vari uffici.
Inoltre, siamo sempre a disposizione per qualsiasi chiarimento, anche telefonicamente, e per qualsiasi suggerimento di miglioramento del programma vogliate fare a seguito di sopravvenute vostre esigenze.

PROVA PROGRAMMI

POSSIBILITA' DI VISIONARE UN PROGRAMMA

Chi volesse provare a casa uno dei programmi può richiederlo e gli sarà inviato gratis e senza impegno. Potrete provarlo a casa per una settimana dopodiché potrete decidere se trattenerlo e pagarne il costo mediante una delle modalità descritte in seguito, oppure se restituirlo nel caso non lo riteniate utile.

La possibilità di prova è limitata ad un solo programma per volta.

LE VERSIONI COMPLETE DEI PROGRAMMI POSSONO ESSERE VISIONATE SENZA OBBLIGO DI ACQUISTO DIRETTAMENTE NELLA SEDE DI MADDALONI

TELEFONARE PER CHIARIMENTI E PER MAGGIORI INFORMAZIONI SUI PRODOTTI





SITI AMICI

I PIU' GRANDI
REQUISITI HARDWARE

I programmi di questa collana non hanno bisogno di computer con caratteristiche particolari per cui funzionano su qualsiasi PC Pentium.
Gli unici requisiti richiesti sono la dotazione di un lettore CD (ma solo per installare i programmi acquistati su supporto CD) e di una porta USB per l'inserimento di una pen-drive quale chiave hardware.

La risoluzione grafica minima è la 1024x768.
TUTTI I PROGRAMMI FUNZIONANO CON SISTEMA OPERATIVO WINDOWS 95/98/ME/XP/VISTA/8/10/11
An.Ar.Software - Programmi per l'ingegneria - via Libertà, 36 - Maddaloni (CE) - contatti: 0823408798    3382398438    anarsoft@libero.it
IL SANTUARIO DI SAN MICHELE


All'altezza di 427 m si trova questo santuario che è anche uno dei luoghi più suggestivi della città; secondo fonti accertate il santuario era presente già nel 969 quando viene menzionato, per la prima volta, dall'Arcivescovo di Benevento, Landulfo. Altre citazioni risalgono al 1092 e al 1113. Da fonti si apprende che nel 1216 San Francesco d'Assisi vi si fermò a far visita al suo amico, il Beato Agostino. Un sentiero che parte dalla città da una altitudine di circa 95 m si inerpica verso il santuario con la possibilità di deviare verso il castello; lungo tale sentiero sono poste le croci indicanti il percorso della tradizionale Via Crucis cittadina del venerdì santo; dal 2008 su ognuna delle 14 croci è affissa una tavoletta rappresentante il percorso tradizionale di Cristo verso il Golgota, opera realizzata dall'artista maddalonese Carmine Confessore. Il 10 maggio dell'anno 1993 Raffaele Nogaro, vescovo di Caserta, ha denominato il santuario di San Michele con il nuovo nome di santuario di San Michele Arcangelo e Santa Maria del Monte. La statua di San Michele, Santo Patrono della città di Maddaloni, risale alla seconda metà del XVIII secolo; negli anni è stata restaurata diverse volte. L'Arcangelo è rappresentato come un guerriero che porta nella mano sinistra una bilancia contenente due anime nei piattini, mentre nella mano destra impugna una lancia che colpisce Satana. La tradizione locale vuole che il giorno 8 maggio si festeggi l'apparizione del Santo al Monte Gargano. Nel mese di agosto, la statua scende dal colle e viene portata in città, presso la Basilica minore del Corpus Domini, per i festeggiamenti del 29 settembre. Alla fine dei festeggiamenti, il Santo risale al Santuario.